Capitolo -1 -- UN BAMBINO TRA I MONDI --

 



Capitolo 1 – Un bambino tra i mondi

Crescevo in un mondo che sembrava troppo stretto per contenere ciò che sentivo. Gli adulti parlavano di cose concrete, visibili, tangibili… ma io avvertivo altro. L’aria sembrava avere suoni che gli altri non udivano, le ombre a volte erano piene di presenze, e la notte, anziché spaventarmi, mi accoglieva come una coperta di mistero. Era proprio in quel silenzio profondo che la mia coscienza si dilatava e potevo cogliere sfumature invisibili, vibrazioni, pensieri che non sembravano miei, ma che pure mi attraversavano.

Fin da piccolo, percepivo emozioni che non erano le mie. Sentivo dolore dove non c’era motivo, gioia inspiegabile, tristezze altrui che mi si incollavano addosso come brividi. Non sapevo che quello fosse un tipo di medianità: la capacità di connettersi a energie sottili, a pensieri non detti, a presenze invisibili. Per me era normale… o meglio, naturale. Non avevo termini per definire ciò che mi accadeva, solo una profonda consapevolezza che esisteva molto di più di ciò che si poteva vedere.

La mia guida spirituale era già con me, costantemente. Si manifestava con la sua presenza amorevole, rassicurante, ma anche con una determinazione ferma, dolce e potente al tempo stesso. Era come un maestro invisibile che si faceva vicino nei momenti di introspezione, durante il gioco solitario, o nei sogni che mi lasciavano tracce indelebili al risveglio. Non era solo un conforto: era un’istruzione.

Mi accompagnava nella vita quotidiana e nella mia evoluzione interiore, offrendomi insegnamenti sulle cose del mondo terreno e dell’altro mondo. Mi faceva scuola — una scuola dell’anima — e mi consigliava cosa leggere, cosa osservare, cosa studiare, per sviluppare sempre più la mia spiritualità e raffinare il mio dono medianico. Con pazienza e amore, mi trasmetteva tecniche, consigli, strumenti pratici per rendere più stabile e cosciente il mio contatto con gli altri mondi.

All’età di dieci anni, ricevetti da lui un’indicazione che avrebbe lasciato un segno importante. Mi disse con chiarezza:
“Adesso devi imparare a far emergere il tuo mondo interiore connettendo la tua essenza spirituale con quella materiale. E cosa è meglio delle tecniche di rilassamento e di immersione interiore, se non l’autoipnosi?”

Mi indicò un libro ben preciso — non ne ricordo l’autore, ma era delle edizioni Astrolabio — sul tema dell’autoipnosi. A quell’età facevo già qualche lavoretto come baby-sitter e cominciavo a mettere da parte dei soldi. Fu così che acquistai quel testo, che divenne uno dei primi strumenti tangibili che univano la conoscenza interiore che ricevevo dalla guida con una pratica concreta e presente nel mondo materiale.

La mia guida mi spiegò anche questo: che l’esigenza di accompagnare i suoi insegnamenti con i libri e lo studio non era tanto una sua necessità, quanto una mia naturale inclinazione. Come essere umano, mi disse, il dubbio sarebbe sempre stato “dietro la porta” — ed era giusto così. Avevo bisogno di segni, di conferme, di tracce tangibili che potessero radicare nel mondo fisico quella realtà invisibile che sentivo così chiaramente.
E lui rispettava questo bisogno. Anzi, lo incoraggiava: la conoscenza, quando è un ponte tra due mondi, diventa trasformazione.

Ma una delle prime istruzioni fondamentali che mi diede, e che non dimenticherò mai, fu questa:
“Non parlarne con nessuno.”
Mi chiese espressamente di non rivelare a nessuno ciò che stava accadendo: né ai miei amici, né ai familiari, né ad altri adulti. Mi spiegò che le persone, non comprendendo, avrebbero potuto ferirmi con le loro risposte, i loro giudizi, o le loro paure. Mi disse che questo legame tra noi era sacro, delicato, e che doveva crescere in silenzio, protetto, fino a che non fossi stato abbastanza forte da sostenerlo anche nel mondo esterno.
“Custodisci il mistero come si custodisce una fiamma nel vento,” mi disse.
Ed è ciò che ho fatto.

Questa fusione tra dimensione interiore e strumenti esteriori ha caratterizzato tutta la mia crescita. Non vivevo una doppia vita, ma una sola esistenza multidimensionale, in cui ogni lettura, ogni esperienza, ogni incontro — visibile o invisibile — contribuiva a formare il mio essere.

Ero, senza saperlo, un bambino tra i mondi.

                                                                                                             (Continua)

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