Il Tempo: Linea o Cerchio? Una Riflessione tra Terra e Universo
Di Fulvio Schiavone
Il Tempo: Linea o Cerchio? Una Riflessione tra Terra e Universo
Il pensiero sul tempo è da sempre uno dei più complessi e affascinanti perché sembra sfuggire a qualsiasi definizione definitiva e al tempo stesso governa la nostra esistenza in ogni suo istante, scandendo le giornate, le stagioni, le nascite e le morti, eppure, nonostante lo viviamo costantemente, non smette mai di interrogarci. Da sempre ci chiediamo se il tempo sia un filo lineare che procede dall’origine verso un punto ignoto o se sia piuttosto un cerchio che torna continuamente su sé stesso, riproponendo eternamente ciò che è già stato. Io credo che una parte della risposta possiamo trovarla proprio osservando ciò che ci circonda con semplicità e attenzione, guardando non ai grandi sistemi teorici ma alle manifestazioni naturali che da miliardi di anni si ripetono davanti ai nostri occhi e che racchiudono in sé un insegnamento profondo.
Pensiamo ad esempio alle stagioni, al loro alternarsi eterno e puntuale, primavera, estate, autunno e inverno che si rincorrono in un ciclo costante e preciso da quando la Terra è nata e ha cominciato a girare intorno al Sole, e questo avviene da circa quattordici miliardi di anni, almeno da quanto la scienza ci dice sull’età dell’universo, eppure se ci fermiamo a considerare bene, il ciclo delle stagioni non è solo un fenomeno terrestre, non è soltanto il cambiamento delle temperature o delle manifestazioni naturali, ma è il riflesso di un movimento cosmico, il risultato dell’inclinazione dell’asse terrestre e della sua orbita intorno al Sole, dunque qualcosa che appartiene al grande ordine dell’universo e che avviene indipendentemente dal fatto che sulla Terra ci siano esseri viventi che lo percepiscono o meno. Questo mi porta a una prima considerazione: se da un lato il tempo che viviamo noi come esseri incarnati sulla Terra è legato al manifestarsi fisico degli eventi, dall’altro esiste un tempo che non appartiene soltanto al piano materiale ma che è legato a una meccanica superiore, universale, potremmo dire spirituale, che non dipende da ciò che accade sul nostro pianeta ma che è espressione di un ordine cosmico che muove tutto, come disse Dante, il sole e le altre stelle.
Ecco perché mi sembra che possiamo parlare di un doppio tempo, un tempo terreno e un tempo universale. Il tempo terreno è quello che sperimentiamo quotidianamente con il corpo, il tempo che ci invecchia, che ci fa percepire il passaggio delle ore e degli anni, che misura la durata delle nostre vite e delle nostre esperienze materiali, è il tempo che corre e che ci fa dire ieri, oggi e domani, mentre il tempo universale non appartiene alla materia in quanto tale ma all’ordine più vasto che regola i movimenti dei pianeti, delle stelle, delle galassie, ed è un tempo che in un certo senso si manifesta in forma ciclica, perché non scorre come una freccia che va soltanto in avanti ma si avvolge su sé stesso, creando il ritorno e il rinnovarsi continuo delle cose. In questo senso il tempo universale non può essere ridotto al nostro calendario, non appartiene alla misura dei nostri orologi, ma è la grande corrente che sostiene l’esistenza del cosmo e che possiamo percepire non tanto con la mente ma con la coscienza quando ci apriamo a una dimensione più vasta di noi stessi.
Se dunque siamo frattali dell’universo, come molti scienziati hanno intuito, anche noi riproduciamo in piccolo questa doppia dimensione temporale, viviamo immersi nel tempo terreno perché siamo incarnati in un corpo che nasce e muore, ma allo stesso tempo in noi scorre anche il tempo universale che appartiene all’anima e che si riflette nella nostra coscienza. Quando diventiamo consapevoli di questa duplice natura, possiamo imparare a muoverci tra i due piani, proprio come accade nel lavoro del medium, che è capace di vivere nel tempo terreno e insieme aprirsi al tempo universale, entrando in contatto con altre entità, con altri livelli di esistenza, con altre dimensioni. Non si tratta di annullare il tempo terreno ma di riconoscere che non è l’unico, che esiste un respiro più ampio in cui il nostro tempo lineare è solo un frammento, un piccolo arco di un cerchio infinito che non ha inizio né fine.
In questa prospettiva possiamo capire come la linearità del tempo appartenga soprattutto alla dimensione materiale, mentre la circolarità appartenga al tempo universale, e i due non si escludono ma convivono dentro di noi, uno ci serve per vivere nella materia, per fare esperienza, per collassare la coscienza nel qui e ora, l’altro ci permette di comprendere che ogni esperienza si inscrive in un ciclo più grande, che nulla va davvero perduto ma tutto si rinnova, si trasforma e ritorna. È così che il tempo smette di essere soltanto una gabbia che ci trascina verso la fine e diventa una porta che ci introduce a un ordine superiore, e forse questo è il senso più profondo dell’essere coscienti: non limitarsi a vivere nel tempo terreno ma riconoscere in noi il tempo universale e imparare a muoverci tra i due, proprio come il frattale che riproduce l’intero, proprio come l’universo che respira in noi.
Interessante e chiaro nello spiegare il concetto👍😍🌈
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