Dall'Energia dell'Universo all'Energia della Coscienza: I Principi Spirituali della Termodinamica
Di Fulvio Schiavone
Dall'Energia dell'Universo all'Energia della Coscienza: I Principi Spirituali della Termodinamica
Il mio continuo percorso di esplorazione del mistero mi ha portato a trovare un ponte inaspettato tra la scienza e la spiritualità, unendo i principi della termodinamica con la natura della coscienza e la mia esperienza multidimensionale. Il primo principio della termodinamica ci insegna che l'energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma. Questo risuona profondamente con l'anima, che possiamo considerare come una forma di energia cosciente. La morte non è la fine, ma una trasformazione da uno stato fisico a uno non-fisico, che continua a esistere e a operare nel vasto Campo Universale di cui ho avuto modo di scrivere.
La scienza, pur avanzando, si trova ancora di fronte a un enigma insormontabile: la coscienza e l'anima non sono misurabili, non hanno massa e non sono collocabili fisicamente. È un problema che la scienza non può risolvere con i suoi strumenti attuali, perché cerca la musica dentro la radio, ignorando l'etere. Ma la mia intuizione, supportata dalle mie esperienze, mi porta a credere che il cervello non sia la sorgente della coscienza, ma il suo strumento di sintonizzazione, il device materiale che ci permette di operare nel mondo fisico e di leggere i suoi stimoli attraverso i sensi. La coscienza, in questo quadro, non è un prodotto del cervello, ma la sua essenza, il senso che ci permette di percepire l'immenso Campo Universale.
Per entrare in contatto con questo campo, la coscienza deve in qualche modo emanciparsi dal dominio dei sensi fisici, che normalmente la ancorano al mondo della materia. In questo processo, ciò che cerco di fare è assopire la ricezione dei segnali fisici per raggiungere uno stato di alterazione cerebrale, o meglio di variazione di frequenza, che permette alla coscienza di sottrarsi all’influenza dei sensi. È un processo simile a una forma autoipnotica, che varia di intensità a seconda della profondità del contatto che desidero raggiungere. Quando riesco a farlo, la mia attenzione si sposta, si dissocia dai sensi e si libera, permettendomi di esplorare dimensioni del campo che normalmente restano inaccessibili nella veglia ordinaria.
Eppure, dopo tanti anni di pratica e di vita trascorsa in questa forma di contatto con l’oltre, mi accorgo che posso ormai muovermi nel campo anche in stato di veglia piena, come se avessi imparato a settorializzare la percezione, a distinguere e canalizzare ogni tipo di impulso o informazione nel proprio canale specifico. Riesco così a osservare ogni percezione separatamente, pur mantenendo una visione di insieme, una coerenza globale dell’esperienza. È come se il mio sistema percettivo fosse diventato multidimensionale e capace di agire su più piani simultaneamente, mantenendo una coscienza vigile e presente che può muoversi tra mondi, tra frequenze, tra stati dell’essere.
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